Chi era Lidia Poët?
Lidia Poët ha sopportato umiliazioni e sacrifici per perseguire il suo desiderio di diventare avvocato, e alla fine ci è riuscita.
Torinese, è stata la prima donna in Italia ad iscriversi all’albo degli avvocati. È stata radiata proprio perché donna, ma ha trovato il modo di continuare il suo lavoro.
Non è stato fino all’età di 65 anni che è stata finalmente in grado di rientrare nel foro.
Netflix ha dedicato una serie di 6 episodi intitolata “La legge di Lidia Poët”, che racconta la sua storia di donna moderna nata nel secolo sbagliato, in uscita oggi (15 febbraio) e protagonista Matilde De Angelis.
Ma chi era davvero questa donna, di cui, tutto sommato, non si sa molto?
Nata nel 1855 da una ricca famiglia valdese (denominazione protestante attiva in Italia e Svizzera), Lidia Poët trascorre la sua infanzia in Valle Germanasca, non lontano da Torino.
Ha studiato in Svizzera, al Collegio delle signorine di Bonneville ad Aubonnee ha conseguito una licenza per essere un insegnante di scuola superiore, quindi un secondo certificato come insegnante di inglese, tedesco e francese.
Tornata in Italia, consegue anche il diploma di maturità scientifica, quindi si iscrive alla facoltà di giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Torino.
Si è laureata in giurisprudenza, discutendo una tesi sulla condizione della donna nella società e sul diritto di voto alle donne, poi ha esercitato la professione forense a Pinerolo, nello studio dell’avvocato e senatore Cesare Bertea.
Ha superato il tirocinio (voto 45/50) e l’esame di avvocato, quindi ha presentato domanda di iscrizione all’Ordine degli Avvocati di Torino.
Due avvocati, in segno di protesta, si sono dimessi dall’albo dopo che la domanda è stata messa ai voti e accolta con 8 voti favorevoli e 4 contrari.
Secondo il presidente Xavier Francesco Vegezzi e altri quattro consiglieri, “secondo le leggi civili italiane le donne sono cittadine come gli uomini”, e il 9 agosto 1883, Lidia Poeta divenne la prima donna italiana ammessa all’esercizio della professione forense.
La sentenza della Corte d’Appello
Poco dopo, però, il Procuratore Generale dell’allora Regno d’Italia impugnava la decisione dell’Ordine e proponeva ricorso alla Corte d’Appello di Torino. L’11 novembre 1883 ordinò la radiazione dall’albo.
“È evidente da ciò che è sempre stato nel concetto del legislatore che la carica di avvocato fosse un ufficio esercitabile solo da maschi e in cui le femmine non dovevano intromettersi affatto (…). È altrettanto valido oggi come lo era allora, perché oggi sarebbe anche sconveniente e brutto vedere le donne scendere nel ginnasio forense, agitarsi in mezzo al clamore dei giudizi pubblici, accendersi in discussioni che facilmente si trasformano, e nelle quali, loro malgrado , potrebbero essere portati oltre i limiti che il gentil sesso dovrebbe osservare”, si legge nella sentenza della Corte d’Appello, secondo la quale le donne “potrebbero ben riflettere se sarebbe davvero un progresso e una conquista per loro essere in grado di competere con gli uomini, di mescolarsi tra loro, di diventare loro pari piuttosto che loro compagni, come la provvidenza ha voluto che fossero».
Lidia Poët, tuttavia, non ha mai ceduto a questo punto di vista e ha continuato il suo lavoro legale con suo fratello John Henry, sebbene non potesse difendere in tribunale.
Era particolarmente impegnata nella difesa dei diritti dei bambini, degli emarginati e delle donne, e sosteneva anche il suffragio femminile.
Nel 1920, all’età di 65 anni, dopo l’emanazione della Legge 1176 del 1919, che consentiva alle donne di accedere ad alcuni uffici pubblici, poté finalmente reiscriversi all’Ordine degli Avvocati di Torino.
Non si è mai sposata ed è morta nella località balneare di Diano Marina, all’età di 94 anni.